Durante la Prima Guerra Mondiale, furono chiamati al fronte
anche i giovanissimi appena diciottenni. L'addio alle famiglie
di questi soldatini era straziante.
Alla stazione di una grande città, genitori e amici si
stringevano intorno ad un gruppo di soldati in partenza. Tutti
si abbracciavano piangendo: molti si vedevano per l'ultima
volta.
Un uomo stringeva la mano del suo ragazzo e cercava invano di
dirgli addio. I suoi occhi erano pieni di lacrime. Le mani gli
tremavano e non riusciva a parlare. Quello era il suo unico
figlio, lo amava con tutte le sue forze. Ma che cosa poteva
dirgli? Che cosa poteva riportarglielo a casa?
Il treno fischiò. I soldati dovevano affrettarsi a salire in
carrozza. L'uomo desiderava raccomandare qualcosa a suo figlio.
Se lo strinse al petto e mormorò: «Giovannino mio, Giovannino
mio! Non farti uccidere!».
I soldati erano sul treno che stava per partire. La folla
applaudiva e agitava le braccia in segno di saluto.
L'uomo, straziato, fissava il suo Giovanni che lo salutava dal
finestrino. Voleva ancora dirgli qualcosa. Il treno incominciò a
muoversi. Il padre agitò il braccio. Poi si aprì un varco tra la
folla, si avvicinò al treno e gridò: «Giovannino, ragazzo mio,
sta' vicino al generale!».
Dove stanno i generali, non arrivano i colpi del nemico. Il
padre lo sapeva. È questo il dono che ti fa la Chiesa: la
garanzia di essere sempre vicino al Generale.
«Io sono la vite. Voi siete i tralci. Se uno rimane unito a
me e io a lui, egli produce molto frutto; senza di me non potete
far nulla» (Gv 15,5).
«Ragazzo mio, sta' vicino al Generale!». |