«Una Principessa sta per venire qui», disse il Leone agli
animali della giungla riuniti in assemblea, «come possiamo
dimostrarle che siamo molto felici di averla con noi?».
Un brontolio imbarazzato serpeggiò tra gli animali. Qualcuno
muggì, qualche altro squittì, il grillo fece un cri-cri
pensieroso.
«Potremmo farle dei profondi inchini», suggerì l'Ippopotamo, «ma
è vero che non tutti abbiamo il fisico adatto».
«Potremmo tutti gridare forte Benvenuta», soggiunse l'elefante,
«ma forse si spaventerebbe». «Potremmo danzare», propose la
Giraffa, ma il Leone guardò l'Ippopotamo, scosse la testa e
tutti gli animali sospirarono. Allora l'Uccellino Marrone
cinguettò timidamente: «Non potremmo fare un giardino? Le
Principesse adorano i fiori». Tutti lo fissarono ammirati.
«Lo faremo insieme»
«Questa sì, che è un'idea felice», disse il Leone, «lo faremo
insieme». Venne scelto con cura un luogo molto bello, ma il
Leone osservò che andava dissodato.
«Ci penso io», gridò l'Ippopotamo. «Pesterò la terra coi miei
piedoni e con il mio grosso e pesante corpo finché non diverrà
fine e leggera».
«Benissimo», approvò il Leone. «Ora dobbiamo fare dei buchi per
piantare i semi».
«Lo faccio io con gli aculei della mia schiena», si offrì il
Porcospino. Si appallottolò tutto e cominciò a rotolare su e
giù per il campo, finché fu pieno di buchetti regolari.
«Benissimo», disse il Leone. «Ora pianteremo i semi!».
«T-tocca a me», disse la Cavalletta, «s-sono veloce e leggera».
Sorvolò saltellando il terreno e in un batter d'occhio piantò
tutti i semi.
«Benissimo», disse il Leone. «Ora bisogna innaffiare il
giardino».
«Lasciate fare a me», esclamò l'Elefante. «Userò la proboscide».
Andò al fiume, riempì bene la proboscide e spruzzò un bel po'
d'acqua sul giardino.
«Benissimo», disse il Leone. «E ora come faremo a impedire alla
Scimmia di rovinarci tutto il giardino?».
«Sarà mio compito, farò io la guardia», propose la Giraffa
allungando il collo.
E l'Uccellino Marrone? Avrebbe voluto essere di aiuto, ma
pareva che nessuno avesse bisogno di lui.
Dopo un po' i semi cominciarono a crescere, ma il Leone, che si
era recato a controllare i progressi del giardino, scosse la
testa: «Quante erbacce! Rovineranno tutto! Chi è capace di
estirparle?». Gli animali rimasero tutti zitti.
L'Ippopotamo si giustificò: «I miei piedi sono troppo grossi,
rovinerei tutto».
«I miei aculei danneggerebbero le foglie», si scusò il
Porcospino. «Le erbacce sono troppo pesanti per me», disse la
Cavalletta. «La mia proboscide spezzerebbe gli steli», affermò
l'Elefante. «Ho il collo troppo lungo e non posso chinarmi
tanto», si lagnò
la Giraffa.
«Cri-cri», fece il grillo e se la squagliò.
Tutti quei pignoni si girarono e se ne andarono. Allora
l'Uccellino Marrone volò nel giardino. Con il suo minuscolo
becco sradicò un'erbaccia e la gettò dietro una siepe. Le radici
erano forti e spesso il becco gli doleva e dopo un po' anche le
ali gli pesavano. Ma con pazienza, un giorno dopo l'altro,
l'Uccellino Marrone ripulì il giardino finché non rimase una
sola erbaccia.
Intanto una miriade di fiori rossi, azzurri e gialli mostrava
graziosamente la corolla sui lunghi e sottili steli.
Il giorno dopo, la Giraffa, che era di guardia, annunciò:
«Arriva la Principessa! La vedo!». Gli animali si riunirono
tutti nel giardino e si meravigliarono di trovarlo così in
ordine. «Forse le erbacce si sono seccate», disse il Leone,
mentre l'Uccellino Marrone appol‑
laiato su un albero taceva.
La Principessa sorrise: «Non ho mai visto un giardino così
bello», disse, «dovete aver lavorato sodo!».
«È vero, abbiamo lavorato sodo!», risposero in coro gli animali
pieni di sé sorridendo.
«Chi di voi è così gentile da cogliere qualche bel fiore per
me?», chiese la Principessa.
Il Leone si fece avanti.
«Io ho dato tutte le istruzioni, perciò tocca a me».
«Però io ho arato la terra», protestò l'Ippopotamo.
«E io ho fatto i buchi per i semi», aggiunse il Porcospino.
«E io ho piantato i semi», fece la Cavalletta.
«Io ho innaffiato», disse l'Elefante.
«Mentre io facevo la guardia», sottolineò la Giraffa.
La Principessa sorrise. «Chi ha tolto le erbacce?», chiese.
Tutti rimasero zitti, poi: «Nessuno», disse il Leone.
In quel momento la Principessa scorse due occhietti brillanti e
un sottile becco che faceva capolino tra le foglie di un albero.
«L'hai fatto tu questo lavoro, Uccellino Marrone?», e
l'uccellino annuì.
«Allora tu coglierai i fiori per me, perché il tuo è stato il
lavoro più duro e più lungo».
L'Uccellino Marrone volò giù verso il giardino; poi con il becco
sottile colse con garbo il più bel fiore e l'offrì alla
Principessa.
Ne colse un altro e un altro ancora fino a mettere insieme un
bel mazzolino variegato.
La Principessa baciò la sua testolina marrone e gli sorrise.
Allora l'Uccellino Marrone cantò come non aveva mai fatto prima
finché il sole non tramontò nel bel giardino degli animali.
Chi portava il fieno al cavallo di Giulio Cesare? Chi lava i
calzini dei Premi Nobel? |