domenica 25 novembre 2018 | |
INSIEME |
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Le reclute andavano a correre tutti i giorni, ma questa volta era diverso. Stavano sudando da prima dell'alba, da quando erano ruzzolati fuori della branda. Facevano il corso di addestramento per i corpi speciali antiterrorismo dell'esercito e quindi erano pronti alla fatica, anche all'esaurimento fisico. Ma questo tipo di allenamento non aveva niente a che fare con la corsa a tempo, ritmata dal canto, che facevano di solito al mattino in maglietta. Stavolta correvano in tenuta da combattimento. Come al solito, la consegna era: «Partite insieme, state tutti insieme, lavorate come una squadra e tornate insieme. Se non riuscite a tornare insieme, non tornate affatto!». Lungo la strada, il dolore, la sete e la fatica cominciarono ad annebbiare il cervello e nella formazione che correva inquadrata si notò qualcosa di strano. Nella quinta fila, al centro del plotone, uno dei ragazzi non andava a tempo: le gambe si muovevano, ma non andava al passo con il resto del gruppo. Era Sandri, un ragazzone allampanato dai capelli rossi. La testa cominciò a ciondolargli di qua e di là. Quel ragazzo era in difficoltà: stava per cedere. Senza perdere il passo, la recluta alla destra di Sandri si sporse e gli prese il pesante fucile. Il ragazzone dai capelli rossi per un po' riuscì a riprendersi, ma poco dopo, mentre il plotone continuava la sua marcia, aveva gli occhi appannati e si trascinava dietro le gambe a fatica. Ben presto anche la testa ricominciò a dondolare. Questa volta si sporse la recluta alla sua sinistra, gli prese l'elmetto e, continuando a correre, se lo mise sotto il braccio. Ora poteva ripartire. Gli scarponi battevano pesantemente all'unisono il sentiero polveroso. Tump, tump, tump, tump. Sandri stava male, molto male: vacillava e stava per cadere, ma restò in piedi. Due soldati dietro di lui gli presero lo zaino e ciascuno di loro ne teneva una cinghia con la mano libera. Sandri fece appello alle poche forze rimaste, raddrizzò le spalle, e il plotone continuò a correre fino al traguardo.
«Meglio essere in due che da solo. Lavorare insieme rende di più. Se uno cade, il compagno può aiutarlo. Ma se uno è solo e cade, nessuno lo aiuta a rialzarsi. Se fa freddo, in due si può dormire insieme e star caldi, ma uno da solo come si scalderà? Quando si è aggrediti in due ci si può difendere. Come dice il proverbio: "Fune a tre capi, difficile a rompere"» (Qoelet 4,9-12). |
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