domenica  15 marzo 2020
 

MANHATTAN

 

L'atrio della Maximus Inc. era grande come una cattedrale, tut­to luccichii e bagliori. La società era padrona di mezzo mondo e si vedeva.

Mister Liddel, il presidente della Maximus, arrivò con cinque minuti di anticipo. Quello era un grande giorno: la società avrebbe incamerato una mezza dozzina di banche e sette grandi industrie internazionali, più quasi tutta la terra di un paese africano che non sapeva come pagare i suoi debiti.

Mister Liddel gongolava: era tutto merito delle sue abilissime manovre.

Il suo sguardo di purissimo acciaio, che faceva tremare reggi­menti di funzionari, spaziò per l'atrio e incrociò, in un angolo, il panchetto di un lustrascarpe. Era un vecchio negro dall'aria dimes­sa, con gli stracci sfilacciati, le spazzole consumate, le mani mac­chiate di lucido. Mister Liddel non l'aveva mai visto, ma c'erano cin­que minuti e poteva farsi dare una ripassatina alle favolose scarpe da 650 dollari che portava ai piedi.

Il vecchio negro lavorò con grande abilità. Dopo tre minuti le scarpe brillavano al punto che era un piacere guardarle. Mister Lid­del allungò all'uomo un dollaro, meccanicamente, ma incontrò il suo sguardo. Uno sguardo strano, profondo, con una luce bonaria e divertita che gli scintillava dentro. Il fatto buffo e incredibile co­minciò quando Mister Liddel si alzò dal panchetto. Le scarpe parti­rono come razzi, «portando» Mister Liddel fuori dall'atrio. I due portieri, sbalorditi, lo videro attraversare la strada come se volesse correre la maratona di New York.

E fu una maratona ben strana, quella di Mister Liddel. Le scarpe lo portarono davanti ad un povero ragazzo senza gambe che chie­deva l'elemosina all'angolo della 59a strada e non si mossero finché Mister Liddel non vuotò tutto il contenuto del portafoglio nelle ma­ni dell'esterrefatto ragazzo, poi si diressero verso quartieri pieni di povere stanze e gente che soffriva (Mister Liddel non aveva mai sa­puto che esistevano), lo costrinsero a vedere lacrime e solitudine, miserie fisiche, infamie, abbandoni...

Dopo alcune ore, Mister Liddel era spossato e sconvolto. Si sen­tiva un altro. Era come se avesse rotto un guscio di pietra che lo im­prigionava e stesse guardando la gente per la prima volta. Verso se­ra le scarpe fecero una cosa inaudita: portarono Mister Liddel in una chiesa. L'ultima volta c'era andato da bambino. La chiesa era buia, brillava solo un lumino rosso. Mister Liddel si ricordò di un sguardo profondo con una luce che gli scintillava dentro. Si sen felice come non era mai stato e improvvisamente capì.

Dopo, le sue scarpe ridiventarono normali. Entrò nell'atrio de la società che era ormai sera. Chiese: «Avete visto dov'è andato qu lustrascarpe negro?».

«Non c'è mai stato nessun lustrascarpe negro, qui, signore», - risposero.

 

Lo sospettava. D'altra parte, chi avrebbe mai creduto che Dio negro e faceva il lustrascarpe a Manhattan?

 
 
 

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