Comunione di Beni (2)

 EdC oltre ad essere una risposta forte al dilagare della povertà nel sud del mondo è fondata su  un’idea,  che in chiave prospettica, ha una forza dirompente. Quest’idea è che le cose economiche come il profitto, l’efficienza della produttività, il prodotto e il processo che ha permesso la sua produzione hanno un impatto sociale che non può e non deve essere separato nell’analisi.

Infatti il modello dell’Economia di Comunione ha contribuito a dare un forte impulso al dibattito su etica ed economia, minando di fatto i fondamenti della teoria economica degli ultimi 100 anni.  Non c’è tuttavia da spaventarsi, altre scienze più antiche hanno avuto nel corso della storia due o tre rivoluzioni al loro interno.

L’economia è diventata una scienza empirica, in cui l’unica unità di misura è l’efficienza finalizzata alla massimizzazione del profitto, escludendo e considerando come extra-economici alcuni comportamenti: la solidarietà, l’onestà, l’equità, la socialità.

Questo significa che fino al recente passato l’efficienza e la solidarietà erano ritenuti poli opposti, separati  ed indipendenti, il primo di competenza del privato che deve occuparsi di efficienza e produzione di ricchezza, il secondo di competenza del “pubblico”, cioè dello Stato, che deve occuparsi di solidarietà. Oggi, si è aperto uno spiraglio, eminenti economisti ritengono che queste siano caratteristiche intrinseche e complementari di  uno stesso sistema, quello economico.

La prova di questo, che speriamo essere, un grande cambiamento culturale nell’economia, è stato il riconoscimento nel 1998 del premio Nobel all’economista e filosofo indiano Amartya Sen, il quale è uno tra gli autori che maggiormente si sono occupati del rapporto tra scienza economica ed etica. Egli nell'opera in cui si occupa esplicitamente di questo rapporto, afferma di trovare totalmente straordinario il fatto che la concezione più diffusa dell'economia sia quella che considera le motivazioni degli esseri umani "puramente e semplicemente economiche", non complicate cioè da cose quali la socialità, la solidarietà o più in generale da sentimenti morali. E questo per una ragione molto semplice: il fatto che l'economia si ritiene debba interessarsi alle persone reali. Sembra quindi impossibile pensare che esse non siano influenzate da motivazioni di tipo etico e si attengano esclusivamente alla testardaggine che attribuisce loro l'economia moderna. Una delle indicazioni più autorevoli di  Sen è che gli indicatori della crescita e lo sviluppo di un sistema economico non possono più essere solo di ordine monetario e finanziario ma dovranno essere sempre più integrati dai cosiddetti indicatori “sociali”.

Segnali in questo senso ce ne sono. L’Unione Europea in un trattato considerato blindato da un punto di vista dei comportamenti economici, qual’è quello di Maastricht e successivamente quello di Amsterdam ha inserito provvedimenti sociali per affrontare problemi sociali quali la disoccupazione, la salute e la sicurezza del lavoro. I mercati vengono integrati da componenti di socialità che non ne impediscono il funzionamento nè creano incompatibilità con i fini sociali.

Credo che sia questa la sfida a cui Giovanni Paolo II , il 1 gennaio 2000, ci invita nel messaggio “Pace in terra agli uomini che Dio ama”: “…è doveroso interrogarsi anche su quel crescente disagio che, al giorno d’oggi molti studiosi e operatori economici avvertono quando riflettono sul ruolo del mercato, sulla pervasiva dimensione monetario-finanziaria, sulla divaricazione tra l’economico e il sociale. E’ forse giunto il momento di una nuova e approfondita riflessione… Vorrei qui invitare i cultori della scienza economica e gli stessi operatori del settore, come pure i responsabili politici, a prendere atto dell’urgenza che prassi economica e le politiche corrispondenti mirino al bene di ogni uomo e di tutto l’uomo”.

Michele Dal Farra

 
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