POESIA POVERA MA VERA

 Si respira già aria di Natale: in piazza un robusto sempreverde è splendente di luci e di addobbi; altre luminarie vengono zigzagando per le vie della città, disegnando sottili trame e fasciando alberi ormai spogli.

Nei negozi si vedono tanti motivi natalizi, anche preziosi e di buon gusto, che invitano agli acquisti per le strenne di Natale. Ma, a mio avviso, un oggetto fatto con le proprie mani e accompagnato da un pensiero che esprima affetti e gratitudine, vale più di un dono costoso.

Vorrei quest’anno, un Natale meno ricco, ma più pensato, vissuto con semplicità, caldo di affetti. Provo il desiderio di stare sola per meditare e ricordare….

E’ la vigilia di San Nicola e fa già molto freddo. Nelle strade la neve pressata e ghiacciata invita a camminare con prudenza; dalle fontane e dalle grondaie pendono ghiaccioli trasparenti. Si esce il meno possibile; solo i ragazzini si divertono a scivolare veloci con la slitta o con il ferion e ad ingaggiare battaglie con pallate di neve. I piccoli attendono con trepidazione l’arrivo del Santo che viene da lontano, con il carretto stracolmo di doni, trainato dal paziente asinello. In cucina hanno preparato un piatto con il pane ed un bicchiere di vino per il ristoro del Santo ed una manciata di fieno per l’umile asinello.

S. Nicola premia i bambini buoni e quelli che si coricheranno presto. Sognano i bimbi doni ricchi, desiderati da gran tempo, ma qualsiasi dono, anche modesto, sarà accolto con gioia e gratitudine.

Nella stalle del nonno siamo rimaste in poche: mia nonna che legge un vecchio giornale, la cugina Maria che lavora a maglia ed io che godo del tepore dell’ambiente, del lento e placido russare delle mucche, rotto, di tanto in tanto, da un respiro più profondo e dal cigolio della catena per un repentino movimento della testa di una mucca. Il lume è stato abbassato e disegna un cerchi di luce vivida; attorno tutto è immerso nella semioscurità. Dal soffitto, ornato con rami di pino, si espande un profumo resinoso. Ad un tratto Maria ripone il lavoro a maglia e fruga nel cesto finchè trova qualche ritaglio di stoffa bianca, cotone, ago, filo, due matite colorate e lana gialla: tutto ciò che le serve per confezionare una bambola di stoffa per la sua piccola Lucia. Con tre rotoli di stoffa, riempiti di bambagia e qualche punto nascosto ecco formato il corpo e gli arti; per il capo ci vuole più tempo e più pazienza ma, alla fine, la bambola è completa o quasi, perché ora bisogna attaccare i fi8li di lana al capo a mo’ di capelli, intrecciarli e legarli con un piccolo nastro. Con il lapis n ero, inumidito con la saliva, Maria disegna grandi occhi allungati, folte sopracciglia, e , con il lapis rosso, una piccola bocca vermiglia dai contorni decisi. Ora Maria alza la bambola perché noi possiamo ammirarla e farle i complimenti. Poi la bacia, la culla, la ribacia: sembra viva nelle sue mani. E chiede: “No la è bela?”  “Sì, dice convinta mia nonna, no ghe manca proprio nient.”

La bambola assomiglia a un idoletto, e io penso che un vestitino a fiori potrebbe renderla più aggraziata; lo dico a Maria che replica quasi offesa: “Oh no, al vestitin ghe lo farà ela, la me Lucia.”

E’ tardi. Maria saluta e se ne va con il suo piccolo tesoro; mia nonna appende il lume ad un gancio infisso nella trave, lo spegne, usciamo all’aria gelida. In alto palpitano le stelle e si riflettono sulla neve in tante gemme scintillanti, uniscono il cielo alla terra  un’antica luce gioiosa e misteriosa. Sono commossa e penso ad una luce ancora più forte, prossima a venire, al Signore Bambino che verrà tra noi, povero, indifeso, protetto solo dalle braccia della Madre e riscaldato dal tepore di una stalla.

Per Natale usavo abbellire un piccolo abete con qualche pallina di vetro colorato, con frutta, con festoni dorati. Più impegnativo era allestire il presepe con semplici mezzi: legna, sassi, muschio e cartone per fabbricare le casette. Con la cenere e la segatura tracciavo i sentieri che portavano alla capanna. Alla fine posavo le statuine, poche ed essenziali.

Si inviavano auguri ad amici e parenti lontani, ma non si usava scambiarsi doni. La festa era bella quando la famiglia era tutta riunita ed era importante stare insieme, parlare, mangiare, pregare, attorno allo stesso desco; godere l’uno della compagnia dell’altro, ricordare qualche episodio felice o meno felice della famiglia, ricordare quelli che non c’erano più, ma che tanto avevano contato nella nostra vita.

Giovanna C.

 
      indietro indice bollettino ottobre 2002